NÈ SEMPLICE, NÈ FACILE ...

Non è nè semplice, nè facile parlare dei propri dipinti e della loro origine, perché significa mettere ordine nel tourbillon delle correnti carsiche che tumultuosamente si agitano nella mente, e che, dopo aver attinto al registro dell onirico e del metafisico, e cioè, come suggerisce Nobili, "ali antico legame tra realtà, verità, astrazione e idealizzazione estetica") ed aver coventrizzato il "disordine" concettuale, depositano i tasselli, magicamente correlati, della struttura narrativa, del racconto, della figurazione. Nasce così l ossessione per il soggetto, ovvero per il racconto, che è dunque "l'unico impulso necessario al pittore per mettersi al lavoro".
Tuttavia, se,come scrive Squarza nella sue annotazioni, il racconto è il sogno, allora il dipinto è lo specchio della vitalità delle illusioni, alle quali, come sempre, tenacemente ci aggrappiamo, ma che, inevitabilmente, rendono all'evidenza la nostra inquieta fragilità esistenziale e la nostra ermetica e congenita umana sofferenza.
Come la clorotica Giuditta, quasi un androide opalescente spalmato su una corrusca motocicletta, descritta nella sua apparente dimensione di seduzione e di potere, ma ricondotta inevitabilmente e brutalmente alle ineluttabili ragioni dell’effimero, esteriorizzato nel vizzo volto caravaggesco.
O la dominante polarità di Eros e Thanatos, che invade la rappresentazione allegorica della "vanitas" uno storytelling anche allusivo, dove all'estasi del soggetto berniniano, simbolo di una perduta nostalgia della bellezza, anche nella sua dimensione di libera e fascinosa sensualità, si accompagna la degradazione dell'immagine femminile, ridotta al ruolo di velina nell'immaginario mediatico e consumistico.
Anche la musica appare, nell’altro dipinto, come la illusione della perfezione, una melodia invisibile che avvolge in una atmosfera esistenziale gli oggetti rappresentati, un pianoforte, un divano, un tavolino quasi precipitosamente abbandonati ai confini della realtà.
Un pavimento prospetticamente imperfetto, appunto fallace ed illusorio, come il sogno, conduce oltre una porta aperta e precipita in un universo puntellato di corpi celesti, immagine che nella rappresentazione fotografica di questo volume, ho voluto associare alle emozionanti parole di Sebastiano Vassalli. "E mi piace perdermi col pensiero in quel pulviscolo di sistemi solari che si vedono tra una costellazione e l altra e in quel buio che c'è dietro i sistemi solari,dove si muovono inutilmente milioni di mondi. Soffermarmi a riflettere sull'infinità di quello sperpero che chiamiamo universo mi fa bene e mi aiuta a stare bene Che altro non sono le nostre impercettibili vite, e le nostre microscopiche storie, se non sperpero nello sperpero?"

Gianni Zambelli, 2015